L'affondamento del piroscafo Umbria e l’eroismo di mio nonno

Il 9 giugno 1940, il piroscafo Umbria battente bandiera italiana viene bloccato dagli inglesi al largo di Porto Sudan.

L'Italia sta per entrare in guerra.

Il comandante Lorenzo Muiesan ordina a mio nonno, il primo ufficiale Rodolfo Zarli di allagare le stive della nave, mentre sono sorvegliati da 32 marines armati fino ai denti.

Il piroscafo Umbria, grazie anche al vino, affonda senza una sola vittima nelle acque del Mar Rosso, come primissimo atto eroico italiano della seconda guerra mondiale.

È il 10 giugno 1940. L'Italia è entrata in guerra.

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modellino Il modellino LEGO dell'Umbria umbriafulvio.jpg Mio papà Fulvio Zarli è stato contattato ed intervistato diverse volte in merito alla storia dell’Umbria da giornalisti, storici ed appassionati. Ad aprile 2024 è stato contattato da un modellista intenzionato a costruirlo in legno in scala 1:100 e stava cercando le planimetrie, di cui purtroppo non siamo in possesso. A questo punto a Fulvio è venuta l’idea di realizzare in LEGO un modello del piroscafo. Il modello è formato da più di 5000 pezzi, misura quasi un metro e pesa quasi 10 chili. img,umbriafulvio.jpg a,https://youtu.be/l-H1ByHk-MA,Video del modello LEGO Vista la mia passione per i LEGO, ereditata dal papà, ho creato le istruzioni per costruirla a casa vostra. Le istruzioni per costruire un modello ridotto dell'Umbria si possono acquistare a questo link a,https://payhip.com/b/I6Ekl,Istruzioni modellino LEGO dell'Umbria img,umbria3_2.png why Perché proprio la nave Umbria? rodolfo-zarli-umbria.jpg Mi chiamo Rodolfo, Rodolfo Zarli. Porto con orgoglio il nome di mio nonno che ha rischiato la sua vita per salvarne migliaia di altre compiendo uno dei primi atti eroici della seconda guerra mondiale Mio nonno Rodolfo si è imbarcato a bordo del piroscafo Umbria, un’imbarcazione commerciale, con il grado di primo ufficiale di coperta il 1° dicembre 1939, senza sapere che sarebbe stato l’ultimo testimone a raccontare questa storia al contempo tragica e magnifica dal punto di vista umano: una storia con risvolti ancora non del tutto chiari. Il giorno in cui l’ Italia è entrata in guerra l’imbarcazione era stata occupata militarmente da un comando inglese. Quello stesso giorno, d’accordo con il comandante Lorenzo Muiesan e tutto l’equipaggio, ha affondato la nave Umbria carica di vino, liquori, auto, munizioni ed esplosivi per evitare che l’imbarcazione ed il suo carico mortale finissero nelle mani degli Inglesi, che, allora, erano divenuti nostri avversari. Per questo è stato fatto prigioniero assieme a tutto l’equipaggio ed ha trascorso 6 anni in 14 campi prigionieri diversi. img,rodolfo-zarli-umbria.jpg Finita la guerra, dopo aver organizzato il ritorno in patria per i suoi compagni ed averli riportati tutti a casa sani e salvi ha subito un processo per l’affondamento dell’imbarcazione. Dopo anni è stato riabilitato e riassunto dallo stesso Lloyd Triestino come capitano per la compagnia e, nel 1949, ha ricevuto una croce di guerra al valor militare (anche se era un civile), ma mai la pensione. Oggi il relitto della nave Umbria, giace ancora lì, reclinato sulla murata sinistra, con i paranchi per le scialuppe di salvataggio che spuntano dall'acqua e col corallo che lo ricopre sempre di più. img,umbria.gif Grazie ai 30 metri di fondale ed alle acque limpidissime, è stato esplorato da Jacques Cousteau, Hans Hass e Roberto Merlo ed ancora oggi rappresenta una meta preferenziale di alto valore storico per gruppi di turisti di tutto il mondo. storia La storia della nave Umbria umbria2.jpg E' stata costruita come nave da carico e passeggeri nei Cantieri Navali Reiherst Schiffswerke di Amburgo in Germania per la Società di Navigazione Hamburg America Line. Viene varata il 30 dicembre 1911.con il nome di Bahia Blanca ed adibita al trasporto di carico e passeggeri in Argentina, sulla rotta del Nord Atlantico. Misurava 155 metri di lunghezza e 18 di larghezza, con una stazza lorda di oltre 10.000 tonnellate. Aveva un fumaiolo, un cassero centrale, due coperte e due corridoi, 60 cabine e 8 lance di salvataggio. Poteva ospitare fino a 2.400 passeggeri nel cassero centrale, suddivisi in 129 posti per gli ufficiali e 2168 per i soldati. img,umbria2.jpg Disponeva di cinque caldaie alimentate a carbone. Muovevano un motore alternativo 6 cilindri a vapore a triplice espansione, che le forniva una potenza di 4.300 cavalli. Possedeva due grandi eliche a 4 pale, che le consentivano di raggiungere la velocità massima di crociera di dodici nodi. Alla fine della prima guerra mondiale assieme ad altre otto navi fu acquistata dall'Italia, che la assegnò alla Compagnia di Navigazione Lloyd Triestino, che la ribattezzò con il nome Umbria. In quel periodo ci fu un’unificazione di compagnie di navigazione, come il Lloyd Sabaudo e la Cosulich. Questo spiega come mai nei reperti ritrovati a bordo dell’Umbria alcuni pezzi, fabbricati nel 1936 dalla Richard Ginori, hanno il simbolo L.T. del Lloyd Triestino e la C maiuscola con corona e nodo Savoia della Cosulich, mentre l’argenteria varia tra la L.S. del Lloyd Sabaudo e L.T..del Lloyd Triestino. Nel 1935 fu requisita dal governo italiano, fu modificata ed adattata al trasporto misto di truppe e carico, riducendo la sua portata massima a 121 passeggeri e fu ribattezzata Umbria. Fu impiegata nella rotta che dall'Italia andava alle regioni dell'Africa Orientale, per poi proseguire fino all'India. In genere trasportava coloni, militari ed attrezzature varie, oltre ad armi e munizioni. viaggio L’ultimo viaggio della nave Umbria fiat.jpg Nel maggio del 1940 prima a Genova e poi a Napoli vennero caricate a bordo dell’Umbria un totale di 360.000 bombe per aereo pari a 6.000 tonnellate, circa 600 casse di detonatori e spezzoni incendiari, 200 tonnellate di alto esplosivo di 12/ma e 13/ma categoria stivato nelle celle frigorifere e 100 tonnellate di armi varie. Il carico comprendeva anche pneumatici per aereo, migliaia di tonnellate di cemento, matasse di fili elettrici, automobili Fiat Balilla L 1100 passo lungo a 6 posti e guida a destra, moto con side-car e altre merci di secondaria importanza, come bottigliette di profumo e teodoliti. Una parte del carico sono le centinaia di bottiglie di vino ed altri alcolici che avrebbero avuto un ruolo più importante delle armi in questa storia. Il carico era diretto ai porti di Massaua e Assab, per la colonia italiana dell'Eritrea in Africa Orientale, e infine a Calcutta. img,fiat.jpg L'Umbria partì il 28 maggio 1940 alle 17.30 da Messina con un ’equipaggio di 77 persone. A Porto Said il 4 giugno 1940 fa rifornimento di viveri, 1000 tonnellate di carbone e 130 di acqua e a bordo salgono due piloti egiziani, obbligatori per attraversare il canale. Oltre ai piloti salgono anche 23 marines armati della Royal Navy, coscienti dell’imminente entrata in guerra da parte dell’Italia. Il passaggio del canale con vari pretesti durò due giorni invece delle solite tre ore: chiaramente gli inglesi volevano impadronirsi del carico, cosa impossibile in quel momento perché era un mercantile di uno stato ancora neutrale. Il 6 giugno a Suez venne sbarcata la scorta armata ed i due piloti ed iniziò la navigazione nel Mar Rosso verso Massaua. Per sfuggire al controllo britannico, il comandante forzò le macchine. giorni Gli ultimi giorni della nave Umbria umbria2.jpg

L’occupazione militare

Il 7 giugno alle ore 4,30 nella posizione geografica: Lat. 20 gr. 19′ Nord e long. 38 gr. 13′ Est, la nave Umbria venne fermata da due unità da guerra, l’incrociatore neozelandese Leander e lo sloop inglese Grimsby che intimano con segnali di bandiere di fermare le macchine. Il messaggio viene subito trasmesso al Comando Marina di Massaua che risponde A che nazionalità appartengono le due navi? Viene impedito di rispondere perché erano già saliti a bordo gli inglesi che per prima cosa occupano la stazione radio sistemando alla porta ed in corridoio due sentinelle. Dopo una viva discussione, la nave viene fatta dirottare, con la minaccia delle armi, per la rada di P. Sudan, Wingate Anchorage. L’ Umbria viene occupata militarmente da un commando composto dal capitano di corvetta Mr. Stevens, un capitano di macchina, 10 sottufficiali, (nocchieri, meccanici, segnalatori e rariotelegrafisti per prendere possesso dei servizi della nave) e 20 marines, tutti soldati di professione con esperienza di guerra, che si sistemano per passare la notte a bordo. Vengono calate le due ancore su un fondale di 25 metri a prua.

La notizia della guerra

E siamo così al fatidico 10 giugno 1940. Nel pomeriggio il comandante Lorenzo Muiesan fa lavare il ponte sporco di carbone e alle 18,15 locali torna in cabina e accende la radio del suo salottino. Improvvisamente, in italiano, una trasmissione da Addis Abeba annuncia: “Attenzione, attenzione, trasmissione straordinaria per le FF.AA. italiane ed operai dell’A.O.I., la guerra sarà dichiarata e le ostilità inizieranno alle ore 24.00.”

Cosa fare?

Prima di tutto il comandante chiama il suo attendente Danilo, affidandogli tutti i documenti compromettenti e i codici militari segreti da buttare nella caldaia della cucina, poi chiama il primo ufficiale Rodolfo Zarli, ed il direttore di macchina Carlo Costa per informarli che era scoppiata la guerra. Bisognava trovare una soluzione per non far cadere il carico in mano al nemico. Far saltare la nave non poteva essere preso in considerazione: con tutto quell’esplosivo avrebbero raso al suolo Port Sudan, e dovevano battere gli inglesi sul tempo. Dopo un breve consulto decidono con un po' di riluttanza di affondare la nave, per non far catturare il pericoloso carico. Una scelta difficile e coraggiosa.

Azione!

Il primo ufficiale Zarli chiede al tenente Stevens il permesso di effettuare una normale esercitazione di abbandono nave; permesso che viene concesso senza problemi, e fa alzare sul picco della maestra la bandiera nazionale n.4, la più grande in dotazione. Mio nonno fa aprire la Cambusa e fa distribuire ai soldati occupanti vino e liquori in quantità, tra i quali l’ Arzente, un’ acquavite di vino molto alcolica. A Port Sudan e in tutta l’area del Mar Rosso il vino a quei tempi era molto raro, così tutti gli Inglesi e i Neozelandesi ne fanno man bassa e grosse bevute, mentre si calano le scialuppe di salvataggio e l'equipaggio abbandona la nave. Se non fosse stato per il nettare degli dei, gli espertissimi soldati dell’impero britannico non si sarebbero fatti prendere per il naso, vedendo andare a fondo sotto gli occhi migliaia di tonnellate di esplosivo e armi varie. img,bottiglie.jpg In sala macchine, eludendo la stretta sorveglianza delle sentinelle, il primo ufficiale Zarli ed il direttore di macchina Costa spaccano con una mazza le due lupe di ghisa connesse alle prese a mare principali, la lupa ausiliaria e la porta stagna della galleria porta-assi.

La situazione precipita

Alle 19.00 del 10 giugno l’Umbria, ha un forte fremito e comincia ad inclinarsi a tribordo. I due marinai inglesi di guardia, accorgendosi della marea di acqua che entrava, corrono da Stevens per informarlo dell’ avaria. Da uno dei marines parte anche una scarica di mitra verso le scialuppe, prontamente fermato dal tenente Stevens, per fortuna senza conseguenze. Il tenente Stevens dalla plancia dell’Umbria segnala all’incrociatore, ancorato a circa 50 metri dalla poppa, l’azione di autoaffondamento, va in cabina dal comandante Lorenzo Muiesan e gli chiede: “Captain, what happens on this ship? (cosa succede su questa nave?)”. ”Mi dispiace, Mr. Stevens, ma ho sentito che è scoppiata la guerra, la nave sta affondando e l’unica cosa da fare anche per lei è di raccogliere la sua gente e partire.” Dal Leander inviano un motoscafo pieno di marines e prelevavano il comandante Muiesan ed il direttore di macchina Carlo Costa. Mr. Stevens e il capitano Muiesan , pronti a scendere, con la nave ormai sbandata, si facevano i complimenti… “Prima lei” – disse Muiesan – “vado per ultimo anche se ‘now I am you prisoner (ora sono suo prigioniero)” . Allora Mr. Stevens rispose: “No, you are my friend (no, lei è mio amico)”. Era colpito e ammirato per l’atto di eroismo. Prelevato il comandante Muiesan, Rodolfo Zarli prende la direzione della continuazione dell’autoaffondamento. Eludendo le ultime sentinelle armate, con il nostromo Bonacorso ed il caporale di macchina aprono a poppa i portelloni di tutte e due le parti, così l’acqua entra con più vigore e l'Umbria affonda più celermente.

Abbandonare la nave!

A quel punto viene dato l’ordine di abbandonare la nave. Così, inglesi e italiani, tutti sulle scialuppe, vogando a remi si sono allontanati velocemente perché le caldaie erano in pressione. Rodolfo Zarli è stato l’ultimo ad abbandonare l’Umbria e poi commenterà: “ E così i marinai della marina mercantile italiana, hanno beffato sonoramente gli emuli del potente corsaro dei mari Sir Francis Drake e del terribile Morgan!”. Il prezioso carico dell’ Umbria sprofonda in due ore, scongiurando il pericolo di finire in mani nemiche.
prigionia La prigionia di Rodolfo Zarli umbria2.jpg Iniziava così per l’equipaggio dell’Umbria una prigionia lunga sei anni in quella terra bollente. La prima e la peggiore prigione fu quella di Port Sudan: una prigione comune con delinquenti, pulci, pidocchi, e malattie. Da lì furono inviati nei campi dei prigionieri di guerra del Kordofan ed Egitto ed il 1* settembre 1940, assieme ai superstiti del Colleoni e dell’ Espero, trasferiti e rinchiusi nel campo di Ahmednagar in India, dove scarseggiava l’acqua. Scavarono dei pozzi ma ne uscì acqua inquinata causando diversi morti, tra i quali due dell’equipaggio. Mio nonno, per tutta la prigionia, conservò una manciata di quella terra in cui vennero sepolti e quando fu liberato la portò ai loro parenti. Alcuni ammalati dell’equipaggio rientrarono nel 1945; tra questi il comandante Muiesan.

Bopal

Finalmente furono trasferiti nell’ultima prigione a Bopal in India. Furono i primi ad esservi trasferiti e c’erano solo delle tende su un campo in pendenza, nella stagione dei monsoni e con un'umidità tale da far crescere le alghe sui vestiti. Per fortuna un ’equipaggio è un' unità autonoma, composta anche di fabbri, meccanici, falegnami e cuochi. Chiesero ed ottennero il permesso per costruirsi il campo, sistemare le stanze e cucinarsi i pasti. Iniziarono costruendo le latrine nella parte bassa del campo, dove c’era anche una palude, e costruendo una cucina con il forno. Gli inglesi fornirono farina e fagioli, oltre a scatolame vario. Con i semi contenuti nelle rare scatole di pomodoro fecero anche un orticello. Alla fine la situazione del campo divenne più dignitosa e la cucina ‘italiana’ superò in qualità il rancio delle guardie, tanto che i carcerieri consumavano i pasti alla mensa dei prigionieri. Vicino al campo c’era la casa del comandante dove abitava la sua famiglia, e possedeva una macchina da cucire. Quella macchina fu una manna, perché consentì ai prigionieri di confezionarsi indumenti puliti. Nel campo venivano spediti man mano altri prigionieri italiani: appena arrivavano li facevano lavare, gli davano vestiti nuovi e bruciavano quelli vecchi per allontanare le malattie. In particolare Rodolfo Zarli si prese cura di un giovanissimo sottotenente dei bersaglieri catturato ad El-Alamein. A causa della guerra non ci potevano essere comunicazioni tra l’India inglese e l’Italia: la Croce Rossa comunicava con dei biglietti alle famiglie l’esistenza in vita delle persone. Ma tra i membri dell’equipaggio c’era un certo Milosevic, serbo. La Serbia non era in guerra con l’inghilterra, quindi gli veniva permesso di scrivere alla moglie a Fiume. Tramite sua moglie Rodolfo Zarli riuscì a mandare una lettera alla sua famiglia, le prime notizie dall’inizio della guerra.

La libertà

Fino al 26 aprile 1946 Rodolfo Zarli si è preso cura dei membri dell’equipaggio: quel giorno aprirono le porte del campo dicendo “La guerra è finita. Siete liberi!”. Si trovarono in mezzo al nulla, ma raggiunsero il porto più vicino e riuscirono ad imbarcarsi per l’Italia. Arrivati a Napoli subirono un processo di discriminazione per appurare che non avessero commesso crimini di guerra: se erano prigionieri erano anche criminali. Gli chiesero le ragioni dell’affondamento ed informazioni sui campi e sui compagni di prigionia. Vestiti da prigionieri inglesi si misero d’accordo con i ferrovieri della stazione e ripararono un treno per andare verso nord. Si sparse la voce e man mano nel loro viaggio verso nord sulle poche linee ferroviarie rimaste raccoglievano altri ex prigionieri: non c’era possibilità di comunicare, niente telefono ma riportò tutti a casa: marinai e militari.

Finalmente a casa

Arrivati finalmente a Trieste, Rodolfo Zarli trovò un passaggio su una jeep americana ed andò in cerca del vecchio indirizzo di casa. Trieste è una città complicata ed in quel quartiere la strada era stretta e tortuosa. Arrivato in una piazzetta con la fontana trovò due ragazzini che stavano giocando a palla e chiese dove si trovasse l’indirizzo. E quì il caso ci mise lo zampino. Il piccolo disse: “Ma è l’indirizzo di casa mia!” ed il grande: “Papà!” . Si abbracciarono: quei bimbi erano Fulvio ed Alvise, i suoi figli. In seguito, pian piano e non senza difficoltà, la vita tornò alla normalità. Le sue prime impressioni al ritorno in patria dopo la lunga prigionia? “Felicità e sgomento fu tornare in Italia dopo tanti anni di lontananza e sofferenza e trovare un paese fatto di dolore, macerie, linee ferroviarie interrotte, difficoltà, impossibilità di comunicazioni.”
polemiche Le polemiche sull'affondamento umbria2.jpg Mio nonno Rodolfo Zarli il 19 luglio 2016 scrisse questa lettera a.. “Della società di navigazione Lloyd Triestino, due sono state le navi autoaffondate dall’equipaggio, l’ Umbria, iscritta al compartimento marittimo di Genova e il Conte Verde, iscritto a Trieste; l’equipaggio di quest’ultima nave è rientrato a Trieste nel 1946 quando c’era il Comando militare alleato; il prefetto di allora Gino Palutan ha concesso a tutto l’armo la qualifica di combattente ed il risarcimento dei danni per l’azione di autoaffondamento avvenuto l’8 settembre 1943 a Shangai. Per l’equipaggio dell’ Umbria, perché iscritto a Genova, nessuna qualifica e nessun risarcimento, malgrado i nostri esposti inviati a tutti i presidenti della Repubblica, capi di stato, ministri della difesa, Maripers, politici e Rai, tutto fu invano, ed ora dopo aver servito la patria con fedeltà ed onore, siamo in pensione e vegetiamo con la legge da fantascienza nr. 27 dd. 22/11/73, basata su dati anagrafici e non sui contributi assicurativi versati alla previdenza marinara durante tutto il periodo del lavoro svolto sul mare. La Commissione della Marina Militare non ha interrogato nessun membro dell'equipaggio, quindi l'inchiesta sull' autoaffondamento della nave deve esser stata molto sbrigativa, per la seguenti ragioni: 1. Ha ignorato l'articolo del Codice Internazionale che recita: quel civile che interferisce contro le FF.AA. viene condannato alla fucilazione. 2. Di nessun conto sono stati considerati i 6 (sei) anni trascorsi in India nei campi dei prigionieri di guerra, sotto le tende con temperatura all'ombra in media di 40 gradi Celsius ed acqua razionata. 3. Il non riconoscerci combattenti, sebbene compiuta una rischiosa azione di guerra, affrontando forze armate superiori di numero di uomini e di mezzi (due unità di guerra inglesi), non trova fondata equità ed illegittimo dal punto di vista costituzionale perché discriminante tra soggetti che si trovavano in condizioni identiche; con questo trattamento a noi riservato viene calpestato l'art. 3 della Costituzione repubblicana - il capo dello stato è il primo garante della costituzione - e il tutto sembrerebbe evidenziare un atteggiamento di aprioristica diffidenza per non dire ostilità dello stato nei confronti degli equipaggi della marina mercantile che presero parte alla guerra. 4. La bandiera della marina mercantile è stata decorata con medaglia O.V.M. grazie ai valori e sacrifici dei suoi equipaggi con 7164 caduti per siluramenti, attacchi aerei e mine, 350 deceduti in prigionia, 4000 tra mutilati ed invalidi di cui 40% assistiti dalla legge 180. - Ringrazio per l'attenzione che sarà data al presente esposto in attesa di una risposta, invio cordiali saluti. ex primo ufficiale di coperta Nave Umbria Rodolfo Zarli Grado “ nonce La nave che non c’è umbria_fake.jpg Nel 1982 il governo sudanese richiede a quello italiano di rimuovere il relitto dell’umbria perché ritenuto pericoloso. Le autorità italiane rispondono che per quanto risulta agli atti la nave è stata recuperata e rimessa in navigazione dagli Inglesi. La marina italiana incarica comunque l’addetto navale a Londra di far luce sulle vicende della nave perché sorgono leciti dubbi circa l’identità del relitto di Port Sudan. Le richieste vengono inoltrate al Public Record Office ma non arriverà mai una risposta scritta. Ma non è tutto. Negli archivi esistono le foto di due navi: una con due fumaioli ed un’altra con un solo fumaiolo img,umbria_fake.jpg Due navi diverse immatricolate con lo stesso nome: Umbria. La nave affondata da mio nonno aveva un solo fumaiolo, ed il carico del relitto conferma la sua identità: è proprio quella l’Umbria senza ombra di dubbio Perchè agli archivi risulta esserci quella con due fumaioli? Circolava con documenti falsi oppure veniva spacciata per 'Umbria? Forse per fini assicurativi: l’assicurazione dell'Umbria fu stipulata il 10 giugno 1940, ed era valida a partire dall’11 giugno 1940 Forse per fini propagandistici: gli Inglesi non potevano ammettere di essersi lasciati affondare una nave già nelle loro mani. medaglia La medaglia a Rodolfo Zarli umbria2.jpg Nonostante il suo eroismo, non ci furono riconoscimenti per lungo tempo In data 11 ottobre 1949 a mio nonno Rodolfo Zarli venne conferito di un encomio solenne: Primo ufficiale di piroscafo dislocato oltremare fermato all’atto della dichiarazione di guerra da unità avversarie, con elevato senso del dovere a coadiuvare il comandante nell’affondamento del piroscafo nonostante la presenza a bordo di scorte armate. Porto Sudan 10 giugno 1940 Il comandante Lorenzo Muiesan si è interessato del caso, ha scritto al Ministero della Difesa ma gli è stato risposto che aveva già avuto un encomio solenne. Ma riuscì lo stesso ad organizzare una cerimonia alla Capitaneria di porto di Trieste in cui fu conferita allo stesso Lorenzo Muiesan, a Rodolfo Zarli e a Carlo Costa la medaglia di bronzo al valore militare. img,medaglie_valore.jpeg L’ultima medaglia che ha ricevuto quando era in pensione a Grado è stata la medaglia dell’amicizia. Ha conosciuto un gruppo di austriaci ex combattenti venuti in vacanza, hanno parlato della guerra e si sono ritrovati a casa sua a tavola. Quando sono tornati in patria, gli hanno spedito una pergamena e la “medaglia dell’amicizia” come ringraziamento. img,medaglia_amicizia.jpeg immersione L’immersione sul relitto dell'Umbria relitto-umbria2-1440x1080.jpg Descrizione del Charisma Diving Center: “Si dice che l'Umbria sia una delle migliori immersioni al mondo ed è almeno una delle ragioni per cui molte persone vengono in Sudan. Dopo essermi tuffato, posso capire perché: è l'immersione perfetta su un relitto. È abbastanza grande da darti molto da esplorare ma abbastanza piccolo da coprire in un'immersione. La profondità in cui si trova significa che hai un sacco di tempo sul fondo e ci sono molte facili penetrazioni da fare. Per chi lo desidera, è possibile raggiungere la sala macchine, le stive, il panificio ed esplorare a fondo l'interno del relitto. Il carico di fiat lagune, bottiglie di vino e munizioni fornisce interesse e il relitto è addobbato con coralli e pesci. Anche solo nuotare per tutta la lunghezza del relitto e osservare le stive da lontano è un'esperienza eccellente. Assicurati di girare intorno alla poppa del relitto verso l'elica, e c'è una bella nuotata sotto il grande timone, che ospita molti snapper e alcune stelle. Su una delle passerelle verso l'imbuto crollato a metà nave vivono dei minuscoli gamberetti pulitori, e se metti le dita sul corrimano, saliranno e inizieranno a pulirti, il che è molto divertente. Abbiamo fatto 3 immersioni in Umbria mentre eravamo in Sudan; Avrei potuto felicemente farne altri tre. Merita davvero la sua reputazione come una delle migliori immersioni al mondo.” img,relitto-umbria2-1440x1080.jpg a,https://www.padi.com/it/sito-immersione/sudan/umbria-wreck ,Sito d'immersione Umbria Wreck | PADI video Video sull'Umbria umbria2.jpg La nave che non c'è (relitto dell'Umbria) da Geo&Geo del 17 febbraio 2011 Rai 3 (youtube.com) a,https://youtu.be/66XAh-YTGd4,La nave che non c'è (relitto dell'Umbria) da Geo&Geo del 17 febbraio 2011 Rai 3 Umbria - il gigante di ferro Documentario di Gianni Schiavone Al Capitano Rodolfo Zarli, primo ufficiale di coperta della motonave Umbria, al Comandante Muiesan e a tutto il resto dell'equipaggio. Con la speranza di essere riuscito a risvegliare ricordi che, seppure tristi, sono stati troppo presto dimenticati. link Link sull'Umbria umbria2.jpg Il relitto dell'Umbria, un frammento della storia italiana sotto la superficie del mare • (ocean4future.org) a,https://www.ocean4future.org/savetheocean/archives/44367,il relitto dell’Umbria vita Che persona era mio nonno comandante_rodolfo_zarli.jpg Mio nonno Rodolfo Zarli è 18/3/1906 a Capodistria, che al tempo era austriaca. Suo papà era insegnante di materie tecniche al Volta di Trieste, e per le sue idee socialiste allo scoppio della guerra venne internato in Austria.

Il salvataggio

Uno degli eroi del tempo era Goffredo de Banfield, noto anche come Gottfried von Banfield. Aviatore austro-ungarico naturalizzato italiano, era il più vittorioso pilota della k.u.k. Kriegsmarine nel corso della prima guerra mondiale, conosciuto con il soprannome di "Aquila di Trieste" ed ultima persona ad essere decorata con l'Ordine militare di Maria Teresa. Goffredo abbatté un aereo nemico nei pressi della punta grossa di Muggia, ed il pilota rimase bloccato sugli scogli. Ogni giorno mio nonno prendeva il piroscafo Pisani, chiamato il “vaporetto”, che toccava tutta la costa: andava a Trieste a frequentare la scuola ISIS Nautico T. di Savoia il L. Galvani. Quella mattina si accorse che c’era un ferito sugli scogli: fece fermare il vaporetto, fece calare una scialuppa, salì a bordo con altri studenti del Nautico e lo recuperò. Arrivato a bordo, chiese aiuto e se ci fosse un medico a bordo. Si fece avanti il dottor Giorgiacopulo per soccorrere il pilota. Con grande commozione scoprì che era suo figlio, che si era arruolato nell’aviazione con gli irredenti, e ringraziò mio nonno con una generosa mancia.

La carriera

Una volta terminati gli studi, si imbarcò come allievo ufficiale sul piroscafo Galitea con la compagnia Tripcovich di Trieste. Successivamente ci fu la fusione della società con il Lloyd triestino, e man mano Rodolfo Zarli salì di grado fino a primo ufficiale. Finita la guerra il Lloyd aveva poche navi, quindi andò in prefettura per chiedere un lavoro. Per combinazione, vi trovò l’ex comandante del campo di Bopal, che si dimostrò molto cordiale e gli trovò un posto di responsabile dei mezzi e carburanti presso l'auto reparto di Campo Marzio a Trieste: in quel periodo ad ora di pranzo veniva a casa con jeep ed autista. Ma l’amore della sua vita era il mare, e finalmente riuscì a farsi riassumere dal Lloyd Triestino. Non fu facile, e dovette ricominciare dalla gavetta. Le navi più ambite erano le cosiddette navi bianche, quelle passeggeri e gli offrirono un posto dove nessuno voleva andare, su una nave da carico. Come terzo ufficiale. Accettò e si imbarcò sulla nave da carico Isonzo, che faceva viaggi fino all’estremo Oriente anche di 6 mesi. Continuò la sua carriera fino a diventare comandante del piroscafo Agostino Bertani, che navigava sulle linee dell’India. Durante i suoi lunghi viaggi fece tanta pratica della nave e delle sue possibilità, sviluppando una grande conoscenza. Questa esperienza lo portò a mostrare la sua natura spavalda, che si dimostrò in vari episodi che ci raccontava spesso.

Canale di Suez

L’attraversamento del canale di Suez viene effettuato a senso unico: i due convogli di navi partono dalle due estremità e si incrociano nell’unico punto più largo, i laghi salati, dove si trova la stazione di cambio. La lunghezza del convoglio è la stessa dei laghi salati. Per questo le navi fanno la fila per entrare ed a bordo di ciascuna vengono portati due piloti per l’attraversamento. Quel giorno, come tante altre volte, Rodolfo Zarli sull’Agostino Bertani era in turno, ed era l’ultima nave del convoglio in attesa di partire. Mentre aspettava, è arrivata una nave da guerra americana che gli è passata davanti. Al momento della partenza del convoglio, non gli avevano mandato i piloti ed avrebbe dovuto attendere il convoglio successivo. Rodolfo Zarli sbottò: “I miei soldi valgono come i loro!” e diede l’ordine di partire. Si accodò alla nave americana, e passò il canale con il convoglio. Alla fine dell’attraversamento, arrivò il rimorchiatore per raccogliere i piloti e rimasero sconvolti perché non c’erano. Da quella volta, appena al canale di Suez vedevano in attesa l’Agostino Bertani erano tutti in allerta! img,canale_di_suez.jpg

Pireo

Per attraccare al porto del Pireo era obbligatorio il pilota ed il rimorchiatore per la manovra di attracco. Ovviamente il servizio era a pagamento, ed il costo era piuttosto salato. Grazie alla sua esperienza, Rodolfo Zarli non aspettava né pilota né rimorchiatore: girava la nave, faceva la manovra in retromarcia ed attraccava in autonomia, suscitando le ire da parte dei responsabili e gli applausi da parte degli altri comandanti. img,porto_del_pireo.jpg

Genova

Dopo 6 mesi di navigazione, l’Agostino Bertani finalmente stava per attraccare a Genova. Per l’occasione erano venuti a prenderlo da Trieste con la Fiat 600 i figli e la moglie, che sono arrivati al molo. Purtroppo quel giorno c’era forte maltempo e dal porto era stato ordinato di stare al largo con la prua al vento fino a quando fosse migliorato. Questione di giorni, forse di una settimana. Oltre alla moglie ed ai figli di Rodolfo Zarli c’erano anche i parenti dell’equipaggio che li aspettavano. Dopo un consulto con gli ufficiali a cui espose la sua idea, furono tutti d’accordo. Fece girare la nave e puntò dritto verso il porto, scrutando le onde. Ad un certo punto diede l’ordine “Avanti tutta!” Con un tempismo perfetto diede l’ordine “Sinistra indietro tutta!” e girò il timone. Con un'elica avanti, una indietro ed i motori al massimo l’Agostino Bertani prese una grossa onda, si girò su sé stessa ed entrò in porto alla perfezione. A questo punto senza piloti né rimorchiatore completò l'attracco sotto gli occhi sgranati dei figli e della moglie. La manovra fu seguita da una portaerei americana che gli spedì un telegramma di congratulazioni, ma la sua più grande soddisfazione fu quella di vedere scendere il suo equipaggio a riabbracciare i loro cari. img,genova.jpg Finì la sua carriera facendo l’ultimo viaggio prima della pensione al comando della nave Algida, nave frigorifero per viaggi veloci, ribattezzata “la bananiera”. A 82 anni, nel 1988 chiuse dolcemente gli occhi a Grado nel suo letto, in mezzo ai suoi cari e di fronte al suo mare img,comandante_rodolfo_zarli_ritratto.jpg